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9 giugno 2020

LDL , monociti , macrofagi e placca ateromatosa Quale speranza?

placca

La scarsissima solubilità in acqua del colesterolo impedisce a questa importante molecola di raggiungere le sedi di utilizzo tramite il circolo sanguigno , conseguentemente, affinché siffatta molecola possa essere assunta dalle cellule, che ne hanno bisogno per produrre nuove membrane, particolari complessi macromolecolari idrosolubili , le particelle LDL, provvedono opportunamente a veicolarla.
L’inserimento del colesterolo nelle LDL plasmatiche richiede preliminarmente la sua esterificazione . Successivamente , le LDL tramite un processo di endocitosi mediato da apposito recettore (LDLR), trasportano il colesterolo all’interno delle cellule.
I recettori LDL sono ubiquitari e la loro espressione/funzione è regolata dai livelli intracellulari del colesterolo . In questo modo, autoregolandosi l’attività dei recettori LDL, viene impedito l’accumulo cellulare del colesterolo.
L’eventuale colesterolo in eccesso rimane in circolazione inserito nelle LDL la cui concentrazione raggiunge presto livelli pericolosi. Alla elevata concentrazione delle LDL plasmatiche, infatti, si attribuisce non soltanto un ruolo importante nella patogenesi della aterosclerosi , ma ad essa si attribuiscono anche effetti pleiotropici su varie funzioni cellulari.
Gli eventi iniziali nella formazione della aterosclerosi (aterogenesi) vanno identificati nel danno dell’endotelio e nell’accumulo e nella successiva modificazione (aggregazione, ossidazione, e/o glicosilazione) delle LDL nell’intima delle arterie, eventi che si influenzano a vicenda.
La disfunzione endoteliale , ad opera dei fattori di rischio cardiovascolare, è seguita dalla migrazione dei monociti nell’intima in risposta dell’espressione sulla superficie endoteliale di molecole adesive e ai segnali chemiotattici. I monociti circolanti, in seguito alla adesione con le cellule endoteliali, penetrano, attraverso le giunzioni intracellulari nelle pareti vascolari, situandosi negli strati più superficiali dell’intima. Qui i monociti si differenziano in macrofagi tissutali i quali giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo della lesione ateroschlerotica in quanto mediano i processi infiammatori nell’intima e in seguito alla interazione con le proteine circolanti nel plasma rappresentano il sito primario di accumulo lipidico. I macrofagi catturano le lipoproteine infiltrate nell’intima, al loro interno i lipidi, principalmente rappresentati da esteri del colesterolo, si aggregano in gocce lipidiche citoplasmatiche conferendo loro l’aspetto di cellule schiumose (foam cells). L’LDL ossidato [(O) LDL] è anche cito-tossico per le cellule endoteliali, per cui processi degenerativi vengono innescati a scapito dell’endotelio, con conseguente richiamo del materiale piastrinico.
Il materiale piastrinico rilascia Fattori di Crescita (PDGF) che stimolano la proliferazione di cellule della muscolatura liscia (smooth muscle cells), le quali a loro volta possono fagocitare l'(O)LDL via endocitosi e divenire anch’esse Cellule Schiumose (Foam Cells).
Un agglomerato vasale di cellule schiumose rappresenta la forma più precoce di lesione vascolare che si definisce fatty spots. Siffatte lesioni possono dare inizio ad una formazione delle cosiddette strie lipidiche (fatty streack) . Successivamente, in fase avanzata, l’alterazione derivante dall’apparato cardiovascolare è poi caratterizzata dalla presenza di ateromi e dall’ispessimento dell’intima.

La proliferazione delle Cellule Schiumose (Foam Cells) e di quelle della muscolatura liscia (smooth muscle cells) determina il restringimento del lume vasale, fino a compromettere il flusso sanguigno stesso, responsabile in ultima analisi di conseguenze cliniche importanti quali: infarto, ictus etc.
I macrofagi, che dovrebbero essere gli “spazzini” del colesterolo, una volta arrivati sulla placca ateromatosa vi restano come presi in trappola, accumulandosi gli uni sugli altri (e rendendo fragile la placca, che poi si potrebbe sfaldare) invece di andare a versare altrove il loro pericoloso contenuto. Alcuni ricercatori hanno scoperto che i macrofagi hanno un fattore di guida, il gene netrina-1, molto marcato e che blocca la loro migrazione. Hanno anche constatato che la netrina-1, così come il suo recettore, viene espresso dalle cellule spumose della placca di ateroma che restringe il lume dei vasi sanguigni.
E allora nessuna speranza di inibire questo processo?
La speranza arriva da uno studio condotto da un gruppo di ricerca internazionale guidato da Ivan Zanoni del dipartimento di Biotecnologie e bioscienze dell’Università di Milano-Bicocca in collaborazione con la Harvard Medical School di Boston. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature Immunology. Il lavoro pubblicato dimostra che alcune molecole prodotte dal nostro stesso organismo sono in grado di modificare l’attività infiammatoria dei macrofagi, cellule del sistema immunitario che fungono da sentinelle in grado di attivarsi in situazioni di stress.
Lo studio si e’ focalizzato sulla capacità’ di un gruppo di fosfolipidi ossidati, che tipicamente si accumulano nei pazienti aterosclerotici, di modificare il metabolismo dei macrofagi e la loro attività infiammatoria. La ricerca ha mostrato, infatti, che questi fosfolipidi ossidati sono in grado di potenziare il metabolismo dei macrofagi, rendendoli “iper-infiammatori”, aumentandone cioè la capacità di produrre l’interleuchina 1 beta, una proteina che induce la risposta infiammatoria alla base dell’aterosclerosi .
“Il lavoro ha dimostrato come in particolare sia l’ossalacetato, un metabolita che si accumula nei macrofagi in seguito a stimolazione con fosfolipidi ossidati, il vero responsabile della iper-produzione di Interleuchina-1 beta e che bloccando con particolari farmaci la produzione di ossalacetato è possibile, nei modelli animali di malattia, inibire la formazione della placca aterosclerotica”.
Questa scoperta apre nuove possibilità terapeutiche
Bibliografia
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