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30 ottobre 2017

MALARIA TRA STORIA ED ATTUALITA’

Malaria

Fra le grandi malattie infettive la malaria è forse quella che ha avuto il maggior impatto sulla storia dell’uomo, in quanto con ogni probabilità lo ha accompagnato fin dalla sua comparsa sulla terra.

Causa della malattia sono quattro agenti eziologici, abbastanza simili tra loro, che provocano forme cliniche a base comune, ma con diversa gravità, evoluzione e distribuzione geografica: Plasmodium malariaePlasmodium vivax, Plasmodium falciparum, Plasmodium ovale. Questi parassiti hanno un ciclo di sviluppo diviso in due fasi: fase sessuata e fase assessuata, con una sola specie di ospite vertebrato (uomo) e varie specie di ospite invertebrato (zanzara).

La malaria e i resti fossili

Resti fossili di zanzara, vettore della malaria, sono stati individuati in giacimenti vecchi almeno trenta milioni di anni in Africa.

Metodi recenti di indagine incentrati sulla ricerca di “iperostosi porotica” (indicativa di ipertrofia del midollo osseo ematopoietico, dovuta ad ipossiemia cronica), negli scheletri umani ritrovati negli antichi luoghi di sepoltura, svelano lo stretto ed antico legame tra emoglobinopatie e malaria.

Attraverso un esame visivo e radiologico dei resti umani arrivati a noi dai tempi più remoti è infatti possibile scoprire su scheletri di bambini così come di adulti, mutamenti ossei molto somiglianti a quelli che oggi sappiamo essere causati dalla talassemia.

La malaria e studi genetici

Recenti studi genetici mostrano una associazione tra malaria e talassemia. Si conoscono attualmente nel mondo alcune centinaia di mutazioni nei gruppi di geni che controllano la produzione delle catene emoglobiniche.

Nelle aree storicamente colpite dalla malaria sono frequenti varie emoglobinopatie: le più note le talassemie nel bacino del mediterraneo e l’anemia a cellule falciformi in Africa. Il gene coinvolto nella determinazione delle emoglobinopatie è quello responsabile della produzione dell’enzima glucosio-6 fosfato-deidrogenasi (G6PD) e associato al corrispondente difetto genetico.

Molti studi hanno evidenziato la capacità di resistere all’invasione del parassita malarico da parte di soggetti portatori di varianti emoglobiniche, in particolare HbS, HbC, HbE.

La malaria e la storia scritta

La malaria è una malattia antichissima le cui ragioni vanno cercate in quei lontani tempi che videro muovere i primi passi dei nostri progenitori.

Secondo degli studi pubblicati da Gharman nel 1966, dopo la scomparsa dei dinosauri circa 60 milioni di anni fa, si andarono affermando i mammiferi e con essi i primi primati da cui un giorno sarebbe disceso l’uomo. Nello stesso periodo fecero la loro comparsa sulla terra parassiti portatori della forma quartana della malaria.

Milioni di anni dopo, cioè circa un milione di anni fa, i primi antenati dell’uomo iniziavano a differenziarsi dalle scimmie e contemporaneamente si sviluppò il sottogenere Laverania dei protozoi parassiti causa di malaria, oggi classificati nel genere Plasmodium.

Testi assiri, indiani, cinesi descrivono forme morbose che corrispondono alla nostra malaria: Charaka e Sushurtha del sistema indiano di medicina Ayurveda danno la descrizione precisa di una forma clinica associata alle punture degli insetti.

Secondo studi condotti da Livingston nel 1958, le prime popolazioni che dovettero fare le spese con il forte incremento della malaria furono quelle Bantù quando nell’età del ferro introdussero la coltivazione.

La grande diffusione che la malaria conobbe nel neolitico fu anche dovuta al fatto che i cambiamenti climatici costrinsero l’uomo, in molte regioni della terra, ad abbandonare luoghi diventati inospitali a causa della desertificazione, favorendo nuovi insediamenti in zone temperate e fertili. Di conseguenza, la malaria si stabilì assieme all’uomo in India, nel Sud della Cina, nella valle del Nilo e da qui si irradiò sulle coste del Mediterraneo.

Nell’antico Egitto, dove sono state trovate tracce di una civiltà agricola risalente al 5.000 a.C., la malaria era sicuramente comune nel Sud della valle del Nilo.

Riferimenti alla malaria si trovano negli scritti di Erodoto che riporta come in alcuni luoghi dell’Egitto le zanzare erano così numerose che gli abitanti erano costretti a fare uso di reti da pesca per proteggersi dalle punture di tali insetti. Pertanto sembra di pertinenza egiziana l’invenzione delle zanzariere.

In Grecia la prima descrizione corredata da dati epidemiologici ed ipotesi eziologica, certamente adatta alla malattia che noi chiamiamo Malaria, è quella di Ippocrate nel V secolo a.C., che identifica due tipi clinici, quartana e terzana, frequenti nelle popolazioni delle aree palustri.

La Mesopotamia, patria di tante civiltà tra cui quella Sumera, quella Assira e quella Babilonese, fu uno dei primi luoghi della terra a conoscere lo sviluppo di una fiorente civiltà agricola. Queste regioni erano caratterizzate da un’alta densità di popolazione per lo più urbanizzata. Questo dato unito a particolari condizioni geografiche che vedono questa regione compresa tra due grandi fiumi fa ritenere che la Mesopotamia fosse una delle aree più malariche dell’antichità.

A riprova di ciò sono state trovate 800 tavolette di argilla con caratteri cuneiformi databili al 2.000 a.C che recano notizie di febbri mortali intermittenti.

Ritrovamenti archeologici presso la città di Susa comprendono oggetti votivi contro le zanzare tra cui un sigillo cilindrico con il simbolo della mosca, rappresentante il Nergal, il dio babilonese della malattia e della morte.

Così come nel caso delle zanzariere egiziane sembrerebbe che anche i medici babilonesi siano stati premonitori della intuizione che la malattia era trasmessa non tanto dalla “mala-aria” quanto da insetti volanti.

L’Italia ha certamente avuto in Europa un posto importante nella storia della malaria, non solo per la sua diffusione, ma anche per l’abbondanza di scritti medici che direttamente o indirettamente hanno descritto questa malattia, a partire dai tempi di Roma.

La malaria e il Nuovo continente

Nei libri medici Maya e Atzechi manca qualsiasi riferimento ad una malattia assimilabile alla malaria: si ha pertanto ragione di pensare che questa fosse assente nel nuovo continente quando, il 12 ottobre 1942, le caravelle di Colombo raggiunsero le “Indie Occidentali”. E’ probabile che le caravelle portassero tra gli altri “regali” dal vecchio al nuovo continente anche la malaria. Infatti, un anno più tardi fu registrata una epidemia da Plasmodium malariae o Plasmodium vivax che si diffuse rapidamente in una popolazione del tutto priva di immunità. Da allora il Messico e l’America centrale costituiscono tutt’ora, una riserva di infezione per buona parte dei casi di importazione degli Stati Uniti.

La malaria e la terapia

Da sempre l’obiettivo dell’uomo è stato quello di sconfiggere la malattia. Gli Etruschi trattavano i malati con cavolo, vino e decotti vari a ricetta segreta, nei quali entravano comunque rosmarino e ginepro e cercavano di prevenirle con grandi fuochi per la purificazione dell’aria, probabilmente secondo la teoria eziologica dei miasmi.

Gli alcolici e il vino hanno avuto in passato una buona fama, soprattutto per rendere sopportabili gli intensi brividi di freddo ed entrarono anche in certi rimedi in cui il comportamento fondamentale era il chinino. Il “vino generoso” era consigliato come unico rimedio, insieme a un buon nutrimento.

La svolta nella terapia della malaria si ebbe comunque intorno al 1600 quando la contessa Chinon, moglie del governatore spagnolo del Perù comincia a soffrire di brividi e febbre e viene curata con il decotto di corteccia di una pianta, detta “china-china” dagli indigeni che da tempo la utilizzavano come antifebbrifugo.

Nel secolo XX, negli anni 30 sono stati sviluppati  nuovi medicamenti antimalarici quali la plasmochina,  la acrichina, la resochina e successivamente il proguanil.

Fra queste medicine la più importante e popolare è stata la resochina (4 amino-chinolina), commercialmente nota come “Clorochina”.

Negli anni, l’idea di sconfiggere la malaria ha visto la combinazione di tutte le tecniche conosciute, dalle zanzariere alla piante medicinali cinesi ai farmaci più moderni. Oggi, gli scienziati hanno davanti a loro un obiettivo più a lungo termine e ambizioso: mettere a punto un vaccino che debelli definitivamente la malaria.

La malaria oggi

L’infezione malarica da quando si accompagnò all’uomo, forse 100.000 anni fa, continua a seguirlo nel suo viaggio sulla terra e dà ben pochi cenni di volerlo abbandonare.

Ogni anno, si verificano circa 225 milioni di casi di malaria, con la morte di 781.000 persone  in accordo con i dati  relativi alla WHO’’s 2010 World Malaria che riportano  il 2,23% di morti in tutto il mondo.

Un rapporto pubblicato nel 2015 nella “Global Technical Strategy for Malaria 2016–2030” dell’Assemblea Mondiale della Sanità, il più importante organo decisionale del WHO (Organizzazione Mondiale della Sanità), mostra che l’obiettivo di eliminare questa malattia da 35 Paesi entro il 2030 è raggiungibile, se pur ambizioso.

Molti sono i risultati positivi già raggiunti nel controllo e nella prevenzione della malattia (tassi di mortalità scesi del 60% dal 2000) ma per raggiungere l’eradicazione serve ancora l’impegno di tutti gli attori coinvolti. Infatti, quasi la metà della popolazione mondiale (3,2 milioni di persone) rimane ancora oggi a rischio di contrarre l’infezione e, solo nel 2015, sono stati 214 milioni i nuovi casi di malaria registrati a livello globale.

LA MALARIA E L’ANALIZZATORE MINDRAY BC-6800

L’analizzatore Mindray BC-6800 rappresenta un valido mezzo per l’identificazione della presenza di globuli rossi infettati dal Plasmodio della malaria attraverso l’esecuzione di un semplice esame emocromocitometrico.

L’analizzatore Mindray BC-6800 aumenta l’efficienza del laboratorio nella rilevazione della malaria e facilita l’intervento terapeutico precoce con conseguente remissione  più rapida del paziente.

L’analizzatore Mindray BC-6800 fornisce due importanti parametri relativi agli “RBC infetti”  inR (#,%) che identificano il numero e la percentuale dei globuli rossi infetti presenti nel campione. L’utilizzatore BC-6800 può ottenere informazioni relative al Plasmodio, agente eziologico della infezione malarica, attraverso l’impiego della esclusiva tecnologia SF-Cube  e della fluorescenza.

Con l’aumentare del numero dei globuli rossi infettati dal parassita della malaria, il numero dei punti nell’area “inR” nel cistogramma DIFF aumenta in maniera proporzionale. Ciò crea l’opportunità non solo di effettuare lo screening, ma anche di valutare la gravità dell’infezione malarica.

Poiché l’esame del sangue viene quasi sempre richiesto in pazienti che presentano febbre e considerato l’utilizzo sempre più diffuso degli analizzatori automatizzati per ematologia, l’analizzatore Mindray BC-6800 si propone come un metodo, pratico, economico e di facile utilizzo in grado di rilevare la malaria in casi sospetti.

BIBLIOGRAFIA

  1. La malaria nei secoli… ed oggi. Gargani G. Professore Emerito di Microbiologia Clinica, Università di Firenze. Biologi Italiani 2004 n.5 pp.74-86
  1. Screening for Malaria using Mindray BC-6800 automated hematology analyzer. Bhide M, Parekh V. Poster presentato al Congresso ISLH 2012
  1. Automated Screening for Malaria parasites on Mindray BC-6800 hematology analyzer: a follow-up report. Bhide M, Parekh V. Poster presentato al Congresso ISLH 2014

Link al Poster ISLH 2014:

http://www.medicalsystems.it/wp-content/uploads/2016/06/Malaria-poster-for-ISLH-2014.pdf