Nelle ultime decadi sono stati fatti numerosi passi avanti nel campo della diagnostica e dello screening prenatale non-invasivo. La dott.sa Davies schematizza gli ultimi aggiornamenti sulle tecniche di screening per le anomalie genetiche in un articolo del Medical Laboratory Observer. La ricercatrice prende come esempi gli esami impiegati dopo che lo studio con gli ultrasuoni, primo strumento diagnostico prenatale, ha evidenziato la necessità di approfondimenti. Questi sono la l’analisi del cariotipo tramite colorazione di Giemsa e l’analisi dell’ibridazione fluorescente in situ (FISH), tecniche più comuni; quindi si sofferma ad evidenziare le limitazioni e le differenze fra queste tecniche e quelle basate sulla tecnologia microarray (BAC, oligo aCGH e chip SNP); spiega le implicazioni cliniche che un test prenatale possa avere sulle condizioni genetiche; si sofferma su quali test non-invasivi per lo screening prenatale sono disponibili per i laboratori.
Come evidenzia l’autrice dell’articolo, sarà tuttavia necessario aspettare ancora prima di poter usare esclusivamente la tecnologia microarray per lo screening prenatale. Al momento la tecnologia non è in grado d’identificare tutte le anomalie genetiche in modo conclusivo ed inclusivo, necessitando così di un supporto da parte dei test basati sul cariotipo.
14 maggio 2015