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4 settembre 2019

Un esame del sangue può permettere di prevedere quanti anni di vita rimangano da vivere ad una persona.

1094_Predittori di morte

La previsione della morte nell’ultimo anno di vita di un paziente è generalmente fattibile per la disponibilità di numerosi dati clinici, soprattutto se si esamina una popolazione di pazienti con una definita patologia/e (ad es. “….. in pazienti ricoverati in un reparto di terapia intensiva cardiologica”; “…. dopo intervento endovascolare elettivo per un aneurisma dell’aorta addominale”; etc.). Rispondere invece alla “terribile” domanda su quanti anni rimangano da vivere, con un finestra temporale più ampia, è più complesso. Intanto, non vi è consenso per quel che riguarda l’individuazione dei predittori del rischio di morte a lungo termine (5-10 anni), poiché il potere predittivo dei fattori di rischio attualmente utilizzati è limitato, soprattutto in età avanzata. Peraltro, è soprattutto in questa fascia di età e la disponibilità di una finestra temporale di follow-up ampia (come detto, 5-10 anni), che uno strumento predittivo “robusto” potrebbe essere di enorme aiuto per i medici nel valutare se il trattamento è ancora ragionevole oppure futile. Alcuni dei fattori di rischio attualmente utilizzati per predire la mortalità, come la pressione arteriosa sistolica e il colesterolo totale, mostrano associazioni opposte con la mortalità negli anziani (sopra gli 85 anni) rispetto alle persone di mezza età. I ricercatori del Molecular Epidemiology, Department of Biomedical Data Sciences, del Leiden University Medical Center, in Olanda, hanno realizzato una piattaforma metabolomica ben standardizzata per identificare i predittori metabolici della mortalità a lungo termine in una popolazione di 44.168 individui di cui 5.512 deceduti durante il follow-up. Hanno quindi applicato una particolare procedura basata sui risultati della meta-analisi per arrivare ad individuare 14 biomarcatori presenti in circolo che si associano indipendentemente alla mortalità per tutte le cause. Complessivamente, queste associazioni sono simili negli uomini e nelle donne e nelle diverse fasce di età e gli Autori arrivano a dimostrare che l’accuratezza della predizione della mortalità a 5 e 10 anni, basata sul modello contenente il sesso ed i biomarcatori identificati, è migliore di quella di un modello che impiega i convenzionali fattori di rischio di mortalità. I biomarcatori identificati non sono correlati a specifiche malattie ma rappresentano invece la condizione di salute generale. Si potrebbe dire che sono capaci di identificare le persone che invecchiano più velocemente del normale, il che significa che sono a maggior rischio del previsto di malattia e morte prematura. Questi interessantissimi risultati richiederanno necessariamente ulteriori studi clinici per valutare, ad esempio l’applicabilità della metodologia, a diversi gruppi etnici.

A metabolic profile of all-cause mortality risk identified in an observational study of 44,168 individuals

Joris Deelen, Johannes Kettunen, […]P. Eline Slagboom

Nature Communications volume 10, Article number: 3346 (2019)

https://www.nature.com/articles/s41467-019-11311-9#Abs1