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23 dicembre 2016

Lotta proattiva alla meningite

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In questi ultimi mesi si è discusso molto dell’importanza delle vaccinazioni. L’opinione pubblica, in parte, inizialmente dubbiosa, sembrerebbe aver preso una sicura posizione a favore delle vaccinazione, soprattutto dopo lo scalpore derivato dai due casi di meningite di tipo C che hanno portato al decesso di due studentesse della Facoltà di Chimica della Statale di Milano e da quello del bambino di quattro anni ricoverato all’Ospedale Meyer di Pisa. I dati pubblicati sul Corriere della Sera stimano infatti un notevole aumento delle domande di vaccinazioni ovunque, con percentuali superiori dell’80%, per le richieste di vaccinazione, in alcune aree della Lombardia. Questi episodi d’infezione meningococcica non vanno però considerati come eventi imprevisti ed irripetibili; al contrario è necessario muoversi con sufficiente tempismo per poterli affrontare correttamente. Al momento, la vaccinazione e la diagnosi della malattia sono i due esclusivi strumenti a disposizione per affrontare questa sfida. Il batterio della meningite, il meningococco, è statisticamente presente a livello delle prime vie respiratorie del 10% della popolazione in una forma inattiva asintomatica; i meccanismi responsabili della sua “attivazione” sono al momento sconosciuti e la prognosi rivela una mortalità prossima al 100% degli individui che lo contraggono e non sono trattati per tempo. Per queste ragioni una vaccinazione preventiva e diffusa potrebbe aiutare non soltanto l’individuo affetto dalla malattia in maniera manifesta, ma anche tutti quelli che lo sono e non ne sono consapevoli; si giungerebbe in questo modo ad una “immunità di gregge”, obiettivo primario per la Sanità Pubblica nella lotta alla diffusione del batterio ed alla riduzione dei casi. E’ necessario però anche in questo caso che la vaccinazione raggiunga l’85% della popolazione per poter assicurare una protezione di massa che includa anche i non vaccinati ed i non responsivi al vaccini. Infine va ricordato che la vaccinazione delle fasce più basse, con particolare attenzione nei confronti della fascia sino ai due anni di vita, rimane una priorità assoluta poiché questi sono maggiormente esposti a rischio d’infezione rispetto ad altri.

Redazionale

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