Le informazioni contenute in questo sito sono destinate in via esclusiva agli operatori professionali della sanità in conformità all'art. 21 del D.Lgs. 24 febbraio 1997, n. 46 s.m.i e alle Linee Guida del Ministero della Salute del 17 febbraio 2010 e successivo aggiornamento del 18 marzo 2013. AccettoMaggiori informazioni

29 febbraio 2016

Nuovi biomarcatori per il carcinoma della prostata cercano di rimpiazzare il PSA

216_Marcatori_Prostata

A distanza di un trentennio dall’approvazione da parte della Food and Drug Administration (FDA) dell’antigene prostatico specifico (PSA) come privilegiato strumento di screening per il carcinoma alla prostata sono ormai largamente conosciute le limitazioni intrinseche di questo marcatore. Già nel 2008 gli esperti avevano valutato una limitazione nell’uso del saggio del PSA in quanto i benefici derivanti dalla sua applicazione sembravano essere controbilanciati da differenti svantaggi (assenza di distinzione fra carcinomi clinicamente importanti e non importanti, di specificità verso il carcinoma della prostata, etc.). L’approvazione da parte della FDA del Beckman Coulter’s Prostate Health Index (phi) nel 2012 ha segnato quindi l’inizio di una nuova epoca per i test del carcinoma della prostata; oggigiorno differenti test e biomarcatori dalle migliori prestazioni sono disponibili o in via di sviluppo, offrendo una valida alternativa al classico test del PSA. Tra i più interessanti, va ricordato il 4Kscore, sviluppato dalla OPKO Lab e l’unico test in grado di accertare il rischio di un paziente di avere un cancro della prostata aggressivo prima di una biopsia. Questo test si basa sulla determinazione dei livelli plasmatici di quattro differenti proteine di derivazione prostatica: PSA totale, PSA libero, PSA intatto, e Human Kallikrein 2 (HK2). Questi sono combinati con l’età del paziente, i rilievi della DRE e se ha eseguito una biopsia precedentemente utilizzando un algoritmo per calcolare la probabilità di trovare un Gleason 7 o superiore, indicativo di cancro. Nel Settembre del 2015 una valutazione prospettica multi-istituzionale ha inoltre dimostrato che questo saggio potrebbe portare ad una diminuzione delle biopsie compresa fra il 30-58%. Un altro esempio di passo in avanti è lo studio Stockholm 3 (STHLM3) che ha dimostrato come una combinazione di sei biomarcatori proteici e più di 200 polimorfismi genetici potrebbero ridurre il numero totale di biopsie del 32% ed impedire il 44% delle biopsie benigne. Il ruolo che i test genomici ricopriranno nel futuro della diagnosi del carcinoma della prostata non è al momento ancora chiaro invece; sebbene alcuni progressi siano stati raggiunti con il carcinoma del colon, del polmone ed il melanoma, nessun risultato è stato ottenuto nel campo del carcinoma della prostata. Con lo sviluppo e l’approvazione di più test, con la “crescita” del test genomico, i ricercatori sono sicuri che gli strumenti per l’identificazione e la diagnosi dei carcinomi della prostata clinicamente importanti saranno presto più accurati.

A bevy of biomarkers battle to replace PSA

E. Mullin

American Association for Clinical Chemistry, Feb 2016

www.aacc.org