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2 dicembre 2016

Non siamo a rischio di pandemia da deficit di vitamina D

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Ricercatori appartenenti a differenti istituzioni sanitarie americane, come la Brigham and Women’s Hospital e la Harvard Medical School, hanno dichiarato che il problema della deficienza da vitamina D è sopravvalutato al giorno d’oggi. Gran parte della popolazione del Nord America e di altri paesi pensa di avere delle deficienze di vitamina D in base a quanto viene comunemente pubblicizzato; in verità gli specialisti ritengono che queste opinioni derivano da un fraintendimento nell’interpretazione e nell’applicazione dei valori di riferimento per i nutrienti pubblicati dall’Institute of Medicine. L’importanza di questo nutriente per la salute ossea e per l’organismo non è quindi da mettere in dubbio, ma non bisogna neanche eccedere nella sua assunzione in quanto eccessive concentrazioni di vitamina D possono portare ad elevati livelli di calcio nel sangue e quindi a stati di nausea, costipazione, calcoli renali, aritmie cardiache ed altre patologie. In America, ad esempio, meno del 6% della popolazione di età compresa fra 1 e 70 anni soffre di una effettiva deficienza di vitamina D, soltanto il 13% rischia di non averne sufficienti quantità; l’idea che ci sia una effettiva pandemia è quindi lontana dalla realtà e la crescita del consumo di pillole per l’integrazione della vitamina D degli ultimi anni è ingiustificata (dal 5% degli Americani nel 1999 al 19% nel 2012). Se nonostante queste informazioni le persone dovessero ancora essere interessate a tenere sotto controllo i propri livelli di vitamina D ematici, i ricercatori consigliano un’assunzione quotidiana tramite cibo o integratori di 600-800 unità di vitamina D e di evitare saggi ematici a meno che non esistano fattori di rischio particolari.

Vitamin D Deficiency — Is There Really a Pandemic?

J.E. Manson, P.M. Brannon, C.J. Rosen, C.L. Taylor

The New England Journal of Medicine, Nov 2016

http://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMp1608005

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